Artaserse, Venezia, Buonarigo, 1730

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali.
 
 ARTASERSE e ARTABANO
 
 ARTASERSE
555Dal carcere o custodi (Nell’uscire verso la scena)
 qui si conduca Arbace. Ecco adempite
 le tue richieste. Ah voglia il ciel che giovi
 questo incontro a salvarlo.
 ARTABANO
                                                  Io non vorrei
 che credessi o signor la mia domanda
560pietà di padre o mal fondata speme
 di trovarlo innocente. È troppo chiara
 la colpa sua, deve morir. Non altro
 mi muove a rivederlo
 che la tua sicurezza. Ancor del fallo
565è ignota la cagione,
 sono i complici ignoti. Ogni segreto
 tenterò di scoprir.
 ARTASERSE
                                    La tua fortezza
 quanto invidio Artabano. Io mi sgomento
 d'un amico al periglio,
570tu non ti perdi e si condanna il figlio.
 ARTABANO
 La fermezza del volto
 quanto costa al mio core. Intesi anch'io
 le voci di natura, anch'io provai
 le comuni di padre
575deboli tenerezze;
 ma fra le mie dubbiezze
 il dover trionfò. Non è mio figlio
 chi mi porta il rossor di sì gran fallo.
 Prima ch'io fossi padre, ero vassallo.
 ARTASERSE
580La tua virtude istessa
 mi parla per Arbace. Io più ti deggio
 quanto meno il difendi. Ah renderei
 troppo ingrata mercede ai merti tui
 senza dolor s'io ti punissi in lui.
585Deh cerchiamo Artabano
 una via di salvarlo, una ragione
 ch'io possa dubitar del suo delitto.
 Unisci, io te ne priego,
 le tue cure alle mie.
 ARTABANO
                                       Che far poss'io
590se ogni evento l'accusa e intanto Arbace
 si vede reo, non si difende e tace.
 ARTASERSE
 Ma innocente si chiama. I labri suoi
 non son usi a mentir. Come in un punto
 cangiò natura! Ah l'infelice ha forse
595qualche ragion del suo silenzio. A lui
 parla Artabano. Ei svelerà col padre
 quanto al giudice tace. Io m'allontano.
 In libertà seco ragiona; osserva,
 esamina il suo cor. Trova se puoi
600un'ombra di difesa. Accorda insieme
 la salvezza del figlio,
 la pace del tuo re, l'onor del trono.
 Ingannami se puoi, ch'io ti perdono.
 
    Rendimi il caro amico
605parte dell'alma mia.
 Fa' che innocente sia
 come l'amai finor.
 
    Compagni dalla cuna
 tu ci vedesti e sai
610che in ogni mia fortuna
 seco finor provai
 ogni piacer diviso,
 diviso ogni dolor.
 
 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con guardie
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace
615avvicinati. E voi (Alle guardie)
 nelle prossime stanze
 pronti attendete ad ogni cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                            Il padre
 solo con me!
 ARTABANO
                          Pur mi riesce o figlio
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
620all'incauto Artaserse
 la libertà di favellarti. Andiamo.
 Per una via che ignota
 sempre gli fu, scorgendo i passi tui
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
625Mi proponi una fuga
 che saria prova al mio delitto.
 ARTABANO
                                                        Eh vieni
 folle che sei. La libertà ti rendo,
 t'involo al regio sdegno,
 agl'applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
630Che dici! Al regno?
 ARTABANO
                                      È da gran tempo, il sai,
 a tutti in odio il regio sangue. Andiamo.
 Alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de' primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
635Solo in pensarlo innoridisco. Ah padre
 lasciami l'innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 Questo non giova. È l'innocenza Arbace
640un preggio che consiste
 nel credulo consenso
 di chi l'amira; e se le togli questo,
 in nulla si risolve. Il giusto è solo
 chi sa fingerlo meglio e chi nasconde
645con più destro artificio i sensi sui
 nel teatro del mondo agli occhi altrui.
 ARBACE
 T'inganni. Un'alma grande
 è teatro a sé stessa; ella in segreto
 s'approva e si condanna
650e placida e sicura
 del volgo spettator l'aura non cura.
 ARTABANO
 Sia ver. Ma l'innocenza
 si dovrà preferir forse alla vita
 per conservarla?
 ARBACE
                                 E questa vita o padre
655che mai la credi?
 ARTABANO
                                  Il maggior dono o figlio
 che dar possan gli dei.
 ARBACE
                                           La vita è un bene
 che usandone si scema. Ogni momento
 ch'altri ne gode è un passo
 che al termine avvicina e dalle fasce
660si comincia a morir quando si nasce.
 ARTABANO
 E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio; t'affretta.
 ARBACE
 No, perdona. Sia questo
665il tuo cenno primiero
 trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi,
670farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
 Parla? Di', che farai?
 ARBACE
                                         Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben, vediamo
 chi di noi vincerà; sieguimi, andiamo. (Lo prende per mano)
 ARBACE
 Custodi olà.
 ARTABANO
                         T'accheta.
 ARBACE
                                              Olà custodi? (Artabano lascia Arbace vedendo li custodi)
675Rendetemi i miei lacci; al carcer mio
 guidatemi di nuovo.
 ARTABANO
                                        (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va', non t'ascolto indegno.
 ARBACE
 
    Lascia cadermi in volto
 uno de' sguardi tuoi,
680che forse ancor tu puoi
 sentir pietade in te.
 
    Se dallo sdegno è tolto
 il bel primiero amore
 guardami; e col tuo core
685giudica poi di me. (Parte fra le guardie)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO, poi MEGABISE
 
 ARTABANO
 I tuoi deboli affetti
 vinci Artabano. Un temerario figlio
 s'abbandoni al suo fato. Ah che nel core
 condannarlo non posso. Io l'amo appunto
690perché non mi somiglia. A un tempo istesso
 e mi sdegno e l'ammiro
 e d'ira e di pietà fremo e sospiro.
 MEGABISE
 Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento
 signor così ti stai? Non è più tempo
695di meditar ma d'eseguir. S'aduna
 de' satrapi il consiglio, ecco raccolte
 molte vittime insieme. I tuoi rivali
 là trovaremo uniti. Uccisi questi
 piana è per te la via del trono. Arbace
700a liberar si voli.
 ARTABANO
                                Ah Megabise
 che sventura è la mia! Ricusa il figlio
 e regno e libertà. De' giorni suoi
 cura non ha, perde sé stesso e noi.
 MEGABISE
 Che dici?
 ARTABANO
                     Invan finora
705con lui contesi.
 MEGABISE
                              A liberarlo a forza
 al carcere corriamo.
 ARTABANO
                                       Il tempo istesso
 che perderemo in superar la fede
 e il valor de' custodi agio bastante
 al re sarà di preparar difese.
 MEGABISE
710È ver, dunque Artaserse
 prima si sveni e poi si salvi Arbace.
 ARTABANO
 Ma rimane in ostaggio
 la vita d'un mio figlio.
 MEGABISE
                                           Ecco il riparo.
 Dividiamo i seguaci. Assaliremo
715nell'istesso momento
 tu il carcere, io la regia.
 ARTABANO
                                             Ah che divisi
 siamo deboli entrambi.
 MEGABISE
                                              Ad un partito
 convien pure appigliarsi.
 ARTABANO
                                                Il più sicuro
 è il non prenderne alcuno. Agio bisogna
720a ricompor le sconcertate fila
 della trama impedita.
 MEGABISE
                                           E se fra tanto
 Arbace si condanna!
 ARTABANO
                                        Il caso estremo
 al più pronto rimedio
 risolver ne farà. Basta per ora
725che a simular tu siegua e che de' tuoi
 mi conservi la fede. Io cauto intanto
 a sedurre i custodi
 m'applicherò. Non m'avvisai finora
 d'abbisognarne; e reputai follia
730multiplicare i rischi
 senza necessità.
 MEGABISE
                                Di me disponi
 come più vuoi.
 ARTABANO
                              Deh non tradirmi amico.
 MEGABISE
 Io tradirti! Ah signor che mai dicesti!
 Tanto ingrato mi credi? Io mi ramento
735de' miei bassi principi. Alla tua mano
 deggio quanto possiedo. Ai primi gradi
 dal fango popolar tu mi traesti.
 Io tradirti! Ah signor che mai dicesti!
 ARTABANO
 È poco o Megabise
740quanto feci per te. Vedrai s'io t'amo
 se m'arride il destin. So per Semira
 gli affetti tuoi, non gli condanno e penso...
 Eccola; un mio comando
 l'amor suo t'assicuri e noi congiunga
745con più saldi legami.
 MEGABISE
                                         O qual contento!
 
 SCENA IV
 
 SEMIRA e detti
 
 ARTABANO
 Figlia è questi il tuo sposo.
 SEMIRA
                                                   (Ahimè che sento!)
 E ti par tempo o padre
 di stringere imenei quando il germano...
 ARTABANO
 Non più; può la tua mano
750molto giovargli.
 SEMIRA
                                Il sacrificio è grande.
 Signor meglio rifletti. Io son...
 ARTABANO
                                                         Tu sei
 folle se mi contrasti.
 Ecco il tuo sposo, io così voglio e basti.
 
    Amalo e se al tuo sguardo
755amabile non è,
 la man che te lo diè
 rispetta e taci.
 
    Poi ne l'amar men tardo
 forse il tuo cor sarà
760quando fumar vedrà
 le sacre faci.
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e MEGABISE
 
 SEMIRA
 Ascolta o Megabise. Io mi lusingo
 alfin dell'amor tuo. Posso una prova
 sperarne a mio favor?
 MEGABISE
                                           Che non farei
765cara per ubbidirti.
 SEMIRA
                                     E pure io temo
 le repugnanze tue.
 MEGABISE
                                     Questo timore
 dilegui un tuo comando.
 SEMIRA
                                               Ah se tu m'ami
 questi imenei disciogli.
 MEGABISE
                                              Io!
 SEMIRA
                                                      Sì. Salvarmi
 del genitor così potrai dall'ira.
 MEGABISE
770Ti ubbidirei ma parmi
 ch'ora meco scherzar voglia Semira.
 SEMIRA
 Io non parlo da scherzo.
 MEGABISE
                                              Eh non ti credo.
 Vuoi così tormentarmi, io me n'avvedo.
 SEMIRA
 Tu mi deridi. Io ti credei finora
775più generoso amante.
 MEGABISE
                                          Ed io più saggia
 finora ti credei.
 SEMIRA
                                D'un'alma grande
 che bella prova è questa!
 MEGABISE
 Che discreta richiesta
 da farsi a un amator!
 SEMIRA
                                         T'apersi un campo
780ove potevi esercitar con lode
 la tua virtù senz'essermi molesto.
 MEGABISE
 La voglio esercitar ma non in questo.
 SEMIRA
 Dunque invano sperai?
 MEGABISE
                                              Sperasti invano.
 SEMIRA
 Dunque il pianto...
 MEGABISE
                                     Non giova.
 SEMIRA
785Queste preghiere mie...
 MEGABISE
                                              Son sparse ai venti.
 SEMIRA
 E ben, al padre ubbidirò; ma senti.
 Non lusingarti mai
 ch'io voglia amarti. Abborrirò costante
 quel funesto legame
790che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
 ogetto agli occhi miei sempre d'orrore.
 La mano avrai ma non sperarne il core.
 MEGABISE
 Non lo chiedo, o Semira. Io mi contento
 di vederti mia sposa. E per vendetta
795se ti basta d'odiarmi
 odiami pur, ch'io non saprò lagnarmi.
 
    Non temer ch'io mai ti dica
 alma infida, ingrato core.
 Possederti ancor nemica
800chiamerò felicità.
 
    Io detesto la follia
 d'un incommodo amatore
 che ai pensieri ancor vorria
 limitar la libertà.
 
 SCENA VI
 
 SEMIRA, poi MANDANE
 
 SEMIRA
805Qual serie di sventure un giorno solo
 unisce a' danni miei! Mandane ah senti...
 MANDANE
 Non m'arrestar Semira.
 SEMIRA
                                              Ove t'affretti?
 MANDANE
 Vado al real consiglio.
 SEMIRA
                                          Io tua seguace
 sarò, se giova all'infelice Arbace.
 MANDANE
810L'interesse è distinto.
 Tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.
 SEMIRA
 E un'amante d'Arbace
 parla così?
 MANDANE
                       Parla così, Semira,
 una figlia di Serse.
 SEMIRA
                                     Il mio germano
815o non ha colpa o per tua colpa è reo.
 Perché troppo t'amò...
 MANDANE
                                           Questo è il maggiore
 de' falli suoi. Col suo morir degg'io
 giustificar me stessa e vendicarmi
 di quel rossor che soffre
820il mio genio real che a lui donato
 dovea destarlo a generose imprese
 e per mia pena un traditor lo rese.
 SEMIRA
 E non basta a punirlo
 delle leggi il rigor che a lui sovrasta,
825senza gli impulsi tuoi?
 MANDANE
                                            No che non basta.
 Io temo in Artaserse
 la tenera amistà. Temo l'affetto
 ne' satrapi e ne' grandi; e temo in lui
 quell'ignoto poter, quell'astro amico
830che in fronte gli risplende,
 che degli animi altrui signor lo rende.
 SEMIRA
 Va', sollecita il colpo,
 accusalo, spietata,
 riducilo a morir; però misura
835prima la tua costanza. Hai da scordarti
 le speranze, gli affetti,
 la data fé, le tenerezze, i primi
 scambievoli sospiri, i primi sguardi
 e l'idea di quel volto
840dove apprese il tuo core
 la prima volta a sospirar d'amore.
 MANDANE
 Ah barbara Semira
 io che ti feci mai? Perché risvegli
 quella al dover ribelle
845colpevole pietà che opprimo in seno
 a forza di virtù? Perché ritorni
 con questa idea che il mio coraggio atterra
 ne' miei pensieri a rinovar la guerra?
 
    Se d'un amor tiranno
850credei di trionfar,
 lasciami nell'inganno,
 lasciami lusingar
 che più non amo.
 
    Se l'odio è il mio dover
855barbara, e tu lo sai,
 perché avveder mi fai
 che invan lo bramo.
 
 SCENA VII
 
 SEMIRA
 
 SEMIRA
 A qual di tanti mali
 prima oppormi degg'io? Mandane, Arbace,
860Megabise, Artaserse, il genitore
 tutti son miei nemici; ognun m'assale
 in alcuna del cor tenera parte.
 Mentre ad uno m'oppongo, io resto agli altri
 senza difesa esposta ed il contrasto
865sola di tutti a sostener non basto.
 
    Se del fiume altera l'onda
 tenta uscir dal letto usato,
 corre a questa, a quella sponda
 l'affannato agricoltor.
 
870   Ma disperde in su l'arene
 il sudor, le cure e l'arti.
 Che se in una ei lo trattiene,
 si fa strada in cento parti
 il torrente vincitor.
 
 SCENA VIII
 
  Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall’altro per i grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del suddetto trono.
 
 ARTASERSE preceduto da una parte delle guardie e dai grandi del regno e seguito dal restante delle guardie, poi MEGABISE
 
 ARTASERSE
875Eccomi, o della Persia
 fidi sostegni, del paterno soglio
 le cure a tolerar. Son del mio regno
 sì torbidi i principi e sì funesti
 che l'inesperta mano
880teme di questo avvicinarsi al freno.
 Voi che nudrite in seno
 zelo, valore, esperienza e fede,
 dell'affetto in mercede
 che il mio gran genitor vi diede in dono
885siatemi scorta in su le vie del trono.
 MEGABISE
 Mio re, chiedono a gara
 e Mandane e Semira a te l'ingresso.
 ARTASERSE
 (O dei!) Vengano. Io vedo (Parte Megabise)
 qual diversa cagion entrambe affretta.
 
 SCENA IX
 
 MANDANE, SEMIRA, MEGABISE e detto
 
 SEMIRA
890Artaserse pietà.
 MANDANE
                                Signor vendetta.
 D'un reo chiedo la morte.
 SEMIRA
                                                 Ed io la vita
 chiedo d'un innocente.
 MANDANE
                                            Il fallo è certo.
 SEMIRA
 Incerto è il traditor.
 MANDANE
                                       Condanna Arbace
 ogni apparenza.
 SEMIRA
                                Assolve
895Arbace ogni ragion.
 MANDANE
                                       L'amor l'accusa.
 SEMIRA
 L'amicizia il difende.
 MANDANE
                                          Il sangue sparso
 dalle vene del padre
 chiede un castigo.
 SEMIRA
                                    Il conservato sangue
 nelle vene del figlio un premio chiede.
 MANDANE
900Ricordati...
 SEMIRA
                        Rammenta...
 MANDANE
 Che sostegno del trono
 solo è il rigor.
 SEMIRA
                            Che la clemenza è base.
 MANDANE
 D'una misera figlia
 deh t'irriti il dolor.
 SEMIRA
                                     Ti plachi il pianto
905d'un'afflitta germana.
 MANDANE
                                           Ognun che vedi,
 fuor che Semira, il sacrificio aspetta.
 SEMIRA
 Artaserse pietà. (S’inginocchia)
 MANDANE
                                 Signor vendetta. (In atto d’inginocchiarsi)
 ARTASERSE
 Sorgete, oh dio sorgete. Il vostro affanno
 quanto è minor del mio. Teme Semira
910il mio rigor. Mandane
 teme la mia clemenza; e amico e figlio
 Artaserse sospira
 nel timor di Mandane e di Semira.
 Solo d'entrambe io così provo... Ah vieni.
915Consolami Artabano. Hai per Arbace
 difesa alcuna? Ei si discolpa?
 
 SCENA X
 
 ARTABANO e detti
 
 ARTABANO
                                                        È vana
 la tua, la mia pietà. La sua salvezza
 o non cura o disprezza.
 ARTASERSE
                                            E vuol ridurmi
 l'ingrato a condanarlo?
 SEMIRA
920Condannarlo? Ah crudel. Dunque vedrassi
 sotto un'infame scure
 di Semira il germano,
 della Persia l'onore,
 l'amico d'Artaserse, il difensore?
925Misero Arbace, inutile mio pianto!
 Vilipeso dolor!
 ARTASERSE
                              Semira a torto
 m'accusi di crudel. Che far poss'io
 se difesa non ha. Tu che faresti?
 Che farebbe Artabano? Olà custodi,
930Arbace a me si guidi. Il padre istesso
 sia giudice del figlio; egli l'ascolti,
 ei l'assolva se può. Tutta in sua mano
 la mia depongo auttorità reale.
 ARTABANO
 Come!
 MANDANE
                E tanto prevale
935l'amicizia al dover? Punir nol vuoi
 se la pena del reo commetti al padre.
 ARTASERSE
 A un padre io la commetto
 di cui nota è la fé, che un figlio accusa
 ch'io difender vorrei, che di punirlo
940ha più ragion di me.
 MANDANE
                                        Ma sempre è padre.
 ARTASERSE
 Perciò doppia ragione
 ha di punirlo. Io vendicar di Serse
 la morte sol deggio in Arbace; ei deve
 nel figlio vendicar con più rigore
945e di Serse la morte e il suo rossore.
 MANDANE
 Dunque così...
 ARTASERSE
                             Così, se Arbace è il reo,
 la vittima assicuro al re svenato.
 Ed al mio difensor non sono ingrato.
 ARTABANO
 Ah signor qual cimento...
 ARTASERSE
950Degno di tua virtù.
 ARTABANO
                                      Di questa scelta
 che si dirà?
 ARTASERSE
                         Che si può dir. Parlate, (Ai grandi)
 se v'è ragion che a dubitar vi muova.
 MEGABISE
 Il silenzio d'ognun la scelta approva.
 SEMIRA
 Ecco il germano.
 MANDANE
                                 (Ahimè).
 ARTASERSE
                                                     S'ascolti. (Va in trono e i grandi siedono)
 ARTABANO
                                                                        (Affetti
955ah tolerate il freno). (Nell’andare a sedere a tavolino)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 
 SCENA XI
 
 ARBACE con catene fra le guardie e detti
 
 ARBACE
 Tanto in odio alla Persia,
 dunque, son io che di mia rea fortuna
 l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna!
960Mio re.
 ARTASERSE
                 Chiamami amico. Infin ch'io possa
 dubitar del tuo fallo esser lo voglio;
 e perché sì bel nome
 in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudizio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
965(Gelo d'orror!)
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Innoridisco o padre
 nel mirarti in quel luogo. E ripensando
 quale io son, qual tu sei, come potesti
 farti giudice mio, come conservi
970così intrepido il volto? E non ti senti
 l'anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quei moti interni
 ch'io provo in me tu ricercar non devi.
 Né quale intelligenza
 abbi col volto il cor. Qualunque io sia
975lo son per colpa tua. Se a' miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
 l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
 giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor.
 MANDANE
                               Qui non si venne
980i vostri ad ascoltar privati affanni.
 O Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
 (Quanto rigor).
 ARTABANO
                               Dunque alle mie richieste
 risponda il reo. Tu comparisci Arbace
 di Serse l'uccisor. Ne sei convinto,
985ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
 il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
 so che la colpa mia fanno evidente.
 E pur vera non è, sono innocente.
 ARTABANO
990Dimostralo se puoi; placa lo sdegno
 dell'offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah se mi vuoi
 costante nel soffrir, non assalirmi
 in sì tenera parte. Al nome amato
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci, e non vedi
995nella tua cieca intoleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t'ascolta?
 ARBACE
 Ma padre...
 ARTABANO
                        (Affetti ah tolerate il freno).
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 ARTABANO
 Chiede pur la tua colpa
1000difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà.
 ARBACE
                                 Mio re non trovo
 né colpa né difesa
 né motivo a pentirmi e se mi chiedi
 mille volte ragion di questo eccesso,
1005tornerò mille volte a dir l'istesso.
 ARTABANO
 (O amor di figlio!)
 MANDANE
                                     Egli egualmente è reo
 o se parla o se tace. Or che si pensa?
 Il giudice che fa? Questo è quel padre
 che vendicar doveva un doppio oltraggio?
 ARBACE
1010Mi vuoi morto o Mandane.
 MANDANE
                                                   (Alma coraggio).
 ARTABANO
 Principessa, è il tuo sdegno
 sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
 nel rigor d'Artabano un grande esempio
 di giustizia e di fé non visto ancora.
1015Io condanno il mio figlio. Arbace mora. (Sottoscrive il foglio)
 MANDANE
 (Oh dio).
 ARTASERSE
                     Sospendi amico
 il decreto fatal.
 ARTABANO
                              Segnato è il foglio,
 ho compito il dover. (S’alza e gli dà il foglio)
 ARTASERSE
                                        Barbaro vanto. (Ricevuto il foglio scende dal trono e i grandi sorgono)
 SEMIRA
 Padre inumano.
 MANDANE
                                 (Ah mi tradisce il pianto).
 ARBACE
1020Piange Mandane, e pur sentisti alfine
 qualche pietà del mio destin tiranno.
 MANDANE
 Si piange di piacer come d'affanno.
 ARTABANO
 Di giudice severo
 adempite ho le parti. Ah si permetta
1025agli affetti di padre
 uno sfogo o signor. Figlio perdona
 alla barbara legge
 d'un tiranno dover. Soffri, che poco
 ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
1030l'aspetto della pena. Il mal peggiore
 è de' mali il timor.
 ARBACE
                                     Vacilla o padre
 la sofferenza mia. Trovarmi esposto
 in faccia al mondo intero
 in sembianza di reo, veder recise
1035sul verdeggiar le mie speranze, estinti
 su l'aurora i miei dì, vedermi in odio
 alla Persia, all'amico, a lei ch'adoro,
 saper che il padre mio...
 Barbaro padre... (Ah ch'io mi perdo). Addio. (In atto di partire, poi ritorna)
 ARTABANO
1040(Io gelo).
 MANDANE
                    (Io moro).
 ARBACE
                                          O temerario Arbace
 dove trascorri? Ah genitor perdono.
 Eccomi a' piedi tuoi. Scusa i trasporti
 d'un insano dolor. Tutto il mio sangue
 si versi pur, non me ne lagno e invece
1045di chiamarla tiranna
 io baccio quella man che mi condanna.
 ARTABANO
 Basta, sorgi; purtroppo
 hai ragion di lagnarti;
 ma sappi... (Oh dei). Prendi un abbraccio e parti.
 ARBACE
 
1050   Per questo dolce amplesso
 per quest'estremo addio
 serbami o padre mio
 l'idolo amato.
 
    Sol questa all'ombra mia
1055pace e conforto sia
 nel fier mio fato. (Parte fra le guardie seguito da Megabise e dai grandi)
 
 SCENA XII
 
 MANDANE, ARTASERSE, SEMIRA e ARTABANO
 
 MANDANE
 (Ah che al partir d'Arbace
 io comincio a provar che sia la morte).
 ARTABANO
 A prezzo del mio sangue ecco o Mandane
1060sodisfatto il tuo sdegno.
 MANDANE
                                              Ah scelerato,
 fuggi dagli occhi miei; fuggi la luce
 delle stelle e del sol. Celati indegno
 nelle più cupe e cieche
 viscere della terra,
1065se pur la terra istessa a un empio padre
 così d'umanità privo e d'affetto
 nelle viscere sue darà ricetto.
 ARTABANO
 Dunque la mia virtù...
 MANDANE
                                           Taci inumano.
 Di qual virtù ti vanti?
1070Ha questa i suoi confini e quando eccede
 cangiata in vizio ogni virtù si vede.
 ARTABANO
 Ma non sei quella istessa
 che finor m'irritò?
 MANDANE
                                     Son quella e sono
 degna di lode e se dovesse Arbace
1075giudicarsi di nuovo, io la sua morte
 di nuovo chiederei. Dovea Mandane
 un padre vendicar. Salvare un figlio
 Artabano doveva. A te l'affetto,
 l'odio a me conveniva. Io l'interesse
1080d'una tenera amante
 non dovevo ascoltar. Ma tu dovevi
 di giudice il rigor porre in oblio.
 Questo era il tuo dover, questo era il mio.
 
    Va' tra le selve ircane
1085barbaro genitore.
 Fiera di te peggiore,
 mostro peggior non v'è.
 
    Quanto di reo produce
 l'Africa al sol vicina,
1090l'inospita marina
 tutto s'aduna in te.
 
 SCENA XIII
 
 ARTASERSE, SEMIRA e ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Quanto amata Semira
 congiura il ciel del nostro Arbace a danno!
 SEMIRA
 Inumano, tiranno.
1095Così presto ti cangi?
 Prima uccidi l'amico e poi lo piangi.
 ARTASERSE
 All'arbitrio del padre
 la sua vita commisi;
 ed io sono il tiranno? Ed io l'uccisi?
 SEMIRA
1100Questa è la più ingegnosa
 barbara crudeltà. Giudice il padre
 era servo alla legge; a te sovrano
 la legge era vassalla. Ei non poteva
 esser pietoso e tu dovevi. Eh dimmi
1105che godi di veder svenato un figlio
 per man del genitore,
 che amicizia non hai, non senti amore.
 ARTASERSE
 Parli la Persia e dica
 se ad Arbace son grato,
1110se ho pietà del tuo duol, se t'amo ancora.
 SEMIRA
 Ben ti credei finora
 lusingata ancor io dal genio antico
 pietoso amante e generoso amico.
 Ma ti scopre un istante
1115perfido amico e dispietato amante.
 
 SCENA XIV
 
 ARTASERSE e ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dell'ingrata Semira
 i rimproveri udisti?
 ARTABANO
                                        Udisti i sdegni
 dell'ingiusta Mandane?
 ARTASERSE
                                              Io son pietoso
 e tiranno mi chiama.
 ARTABANO
                                         Io giusto sono
1120e mi chiama crudel.
 ARTASERSE
                                       Di mia clemenza
 è questo il prezzo?
 ARTABANO
                                     La mercede è questa
 d'una austera virtù?
 ARTASERSE
                                        Quanto in un giorno
 quanto perdo Artabano!
 ARTABANO
                                               Ah non lagnarti,
 lascia a me le querele, oggi d'ogn'altro
1125più misero son io.
 ARTASERSE
 Grand'è il tuo duol ma non è lieve il mio.
 
    Non conosco in tal momento
 se l'amico o il genitore
 sia più degno di pietà.
 
1130   So però per mio tormento
 che era scelta in me l'amore,
 ch'era in te necessità.
 
 SCENA XV
 
 ARTABANO
 
 ARTABANO
 Eccomi alfine in libertà del mio
 dolor; che feci mai? O dispietato
1135padre! O misero Arbace! Io ti perdei!
 Già spettacol funesto agl'occhi miei
 ti veggo; odo gl'accenti; odo i singhiozzi
 dell'innocente vittima... Deh! Ferma
 carnefice la scurre... Ah! Che già piomba
1140il colpo e il capo o dio! reciso e tronco
 sugli omeri sen cade... Ah! Ch'egli è morto!
 Aimè! Dove m'ascondo?
 Qui la bipenne incontro;
 qui trovo il feral palco; il manigoldo
1145là mi spaventa e là l'informe busto
 m'inorridisce. Ah! Che la pallid'ombra
 ver me s'affretta. Chi mi salva? Dove
 mi celo! O dio non posso
 sostener la sua vista. O caro Arbace
1150perdona il mio rossor; svenami o figlio.
 Ma che vaneggio? Al mio rimorso ancora
 il figlio vive e se salvai me stesso
 il caro Arbace mio non cada oppresso.
 
    Pallido il sole, torbido il cielo
1155pena minaccia, morte prepara;
 tutto mi spira rimorso e orror;
 
    timor mi cinge di freddo gelo;
 dolor mi rende la vita amara;
 io stesso fremo contro il mio cor.
 
 SCENA XV bis
 
 ARTABANO solo
 
 ARTABANO
1160Son pur solo una volta e dall'affanno
 respiro in libertà. Quasi mi persi
 nel sentirmi d'Arbace
 giudice destinar. Ma superato
 non si pensi al periglio.
1165Salvai me stesso; or si diffenda il figlio.
 
    Così stupisce e cade
 su le mature biade
 al folgore che passa
 l'attonito arator.
 
1170   Ma quando poi s'avvede
 del vano suo spavento,
 sorge, respira e riede
 a numerar l'armento
 disperso dal timor.
 
 Fine dell’atto secondo